Il colore è la forma di linguaggio più antica e universale, ma lo spettro dei colori e dei loro significati si distribuisce diversamente in ogni angolo del mondo: quando abbiamo scelto i colori delle nostre profumazioni abbiamo cercato di sovrapporre la percezione italiana a quella cinese per raccontare due lati della stessa storia.

Siamo partiti dal rosso che in Cina è il colore delle feste, della fortuna e della felicità, ma anche dei fuorilegge il cui nome veniva scritto di rosso sul registro dei condannati.

Dai toni passionali siamo passati al rosa, trasformatosi nell’ultimo secolo nel colore dell’infanzia, dell’innocenza e dell’amore, e che prima era considerato virile in quanto gradazione del rosso. Arrivato in Cina alla fine del 1800, è soprannominato “il colore straniero”.

Siamo approdati all’arancione, un colore recente, isolato dal rosso con l’arrivo nel medioevo dei primi alberi di arancio: un colore ottimista e vitale, in oriente spesso assimilato al giallo. Quest’ultimo, il colore delle vesti dell’imperatore e degli ordini monastici, sinonimo di buon gusto e autorità, sa anche andare audacemente fuori dagli schemi, visto che in Cina i film gialli sono quelli osè.

Il verde, associato alla giada, in Cina più preziosa dell’oro, ha poteri quasi magici: è il colore della salute e dell’armonia, e lo abbiamo dedicato a chi è dinamico come la natura che rinasce in primavera.

Il blu, che noi associamo spesso alla malinconia, in Cina è un colore di buon auspicio, portatore di longevità e tipicamente femminile: è il colore del mare ed è un impeto di libertà.

L’azzurro, considerato in oriente una gradazione del blu e con gli stessi significati, in occidente è il colore della spiritualità e della meditazione e nella sua gradazione di celeste è associato proprio alla Cina.

Ma il “Celeste Impero” nell’immaginario cinese è viola, un colore elegante, intenso e profondo. Come il cielo.